L’ospedale di Adua è ad una svolta: dopo quasi due anni è ripresa l’attività sanitaria. Ma non sono stati due anni vuoti, anzi! In questi due anni un gran numero di persone ha lavorato proprio per permettere che si potesse riprendere a curare i tanti bisognosi.
Potrebbe avere un senso elencarli uno per uno, descrivere il lavoro che hanno fatto e che ha permesso di avere una struttura di alto livello. Potrebbe avere un senso raccontare gli sforzi fatti per formare il Personale locale. Potrebbe avere un senso enumerare tutte le persone che hanno offerto l’aiuto necessario, Associazioni e singoli benefattori.
Ma il senso vero e profondo, che ripaga tutti dei tanti sforzi e delusioni a volte patiti, si ha quando ti rendi conto che, con tutto quanto ti hanno messo a disposizione queste splendide persone, puoi ora trattare il bambino con i piedi torti che aspetta da due anni un intervento. Puoi curare l’altro bambino con l’arto superiore rovinato per una sindrome di Volkmann, dovuta all’insipienza della “medicina tradizionale “ locale che, per di più, gli ha praticato una serie di incisioni pensandole utili ad una impossibile guarigione. E’ possibile ora studiare e curare il giovane affetto da Diabete giovanile, provando e riprovando i farmaci fino a trovare un equilibrio che permetta la terapia domiciliare. Puoi dare una speranza al giovanissimo cardiopatico che non riesce a fare quattro gradini senza che gli manchi il respiro.
E basta un niente, basta che si sappia che c’è lì l’Oculista passato per fare il trasloco del suo materiale, e subito arriva la ragazzina con l’occhio irrimediabilmente rovinato da un pugno. E ogni giorno arrivano in tanti, con malattie curabili o solo per una speranza di miglioramento, e tutti ti ripagano con uno sguardo carico di gratitudine.
E adesso che ci sono i posti letto, se per una notte trattieni chi è stato operato o chi vuoi seguire per qualche giorno, allora vedi la felicità, la gioia di provare per una volta un letto vero e una stanza da bagno.
Questo è l’ospedale di Adua, una goccia d’acqua nel deserto dei bisogni. Ma come diceva Albert Schweitzer: “Quello che tu puoi fare è solo una goccia nell’oceano, ma è ciò che dà significato alla tua vita”.